giovedì 24 maggio 2012

Lanterna gialla (43)

Film n. 43



Film n. 43
La fuga (Dark Passage)
di Delmer Daves
con   Humphrey Bogart, Lauren Bacall




Vincent Perry, accusato dell’assassinio della moglie, è  innocente. Vittima di un errore giudiziario sconta la pena in un carcere federale di massima sicurezza. Evade con scaltrezza, si fa aiutare da Irene (incontrata oer caso) e scopre che il suo migliore amico è stato ucciso. Così si fa fare la plastica facciale e, non riconoscibile, va a caccia degli assassini.
Delmer Daves, adatta  un romanzo di David Goodis e firma il suo capolavoro: un noir sperimentale girato per 64 minuti in soggettiva (prima della plastica facciale!). Bogart è talmente grande da affascinare anche se non lo vediamo per più di un'ora. Lauren Bacall, con guizzi dello sguardo, vive di riflesso la rabbia del partner “invisibile”. Teso, cupissimo, spietato noir, nonostante l’happy end.
La lunga sequenza iniziale (rivoluzionaria all’epoca), vista con gli occhi del protagonista, coinvolge subito lo spettatore, fin da quando si trova nascosto dentro un bidone dell’immondizia che fa rotolare giù dal camion. Questa sequenza di scene è entrata nella storia del cinema. La faccia del protagonista, all’inizio, la vediamo solo sulle pagine dei giornali, ma poi sarà molto diversa! Vincent resta in ombra o nascosto, come una mummia, dalle bende post operatorie … poi, dopo più di un’ora, ci appare la dura faccia di Bogart!

Ma "il capolavoro" non può nascere solo da questo, pur audace, stratagemma registico. C’è una recitazione perfetta dei due attori principali e dei comprimari  altrettanto bravi. In particolare sono da ricordare il chirurgo estetico e il tassista che gli porta i clienti. Coppia sorniona e sopra le righe, ma molto credibile. La   sceneggiatura è sapinte nella scelta dell'inquadratura, ha grande ritmo ed è sempre credibile e conseguente. All’inizio la suspense non si crea, s’insinua sottile e angosciosa nella testa dello spettatore. Siamo costretti a “guardare”, preoccupati e  impotenti, le cose come le vede il protagonista; avvertiamo il pericolo dal fuoco del fotogramma. Le sue scelte, anche se istintive, le approviamo subito perché, in qualche modo ci liberano dall’angoscia del momento. Solo per un po’; arriva presto un’altra minaccia: un evaso da San Quintino non può avere vita facile! Nasce così una fiducia coinvolgente, fino alla fine. Assolutamente da non perdere o da rivedere.
Voto ****1/2/5

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