Sleep my Love ( Donne e
veleni )
di Douglas
Sirk
con Claudette
Colbert, Robert Cummings, Don Ameche
All’ombra dell’ipnosi
Ad Allison, giovane e ricca signora, succedono cose parecchi
strane. Si sveglia agitatissima nel vagone-letto di un treno in arrivo a
Boston. Non sa come vi sia capitata: ricorda solo di essersi addormentata la
sera prima nella sua casa di New York. Rientrata a casa trova che suo marito
Richard è ferito leggermente al braccio destro da un colpo di rivoltella e,
nella sua borsetta, ritrova la rivoltella del marito. Allison è spaventata, da
tempo Richard le ha fatto credere di essere soggetta a crisi di sonnambulismo o
di pazzia, ma la verità è un'altra: una
droga, che la mette in una specie di soggezione ipnotica …
Thriller coniugale con un buon avvio, ma con un finale “sistema
tutto” un po’ raffazzonato. Sulla scia del successo di “Il sospetto” e
“Angoscia” Douglas Sirk ci mette troppi ingredienti e alla fine non tutto si
amalgama. Qualche grumo resta. Ad esempio lo psico sicario occhialuto appare troppo nevrotico
e incomprensibilmente maltrattato dalla “bellona”. Ma anche lei, la dark
lady, è bella di corpo, ma troppo
imponente e poco ambigua: un manichino ingombrante. La scena del latte
architettata da Hitchcock è più raffinata e tesa di almeno mille miglia
rispetto alla cioccolata drogata da un impacciato marito, bello sì, ma Don Ameche non è
Gary Grant!
In termini di struttura narrativa il gioco, secondo me, si scopre troppo alla
svelta. Dopo una mezzora si passa dal punto di vista angosciato della vittima potenziale
a quello necessariamente più freddo dello spettatore: in tal modo la suspense
s’ammoscia on tantino.
Ci sarebbe dovuta essere una dark lady, ma Daphne, pur imponente e di coscia lunga ha la stessa ghigna di una contadinotta che ti vuol imbrogliare sul prezzso della lattuga venduta lungo la famosa statale 66.
Resta una perfetta ambientazione newyorkese anni trenta, una
recitazione impeccabile dei due protagonisti, una casa labirintica dove il cattivo si può nascondere non si sa dove ma ovunque ("samewhere in nowhere"!), una scala poligonale (anche se non
a chiocciola!) angosciante e così alta che se caschi ci crepi. Anche una bella fotografia e alcune scene ambigue, ma manca il tocco di Alfred,
“nessuno è perfetto”!
Voto ***1/2/5
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