lunedì 28 marzo 2016

Rane fritte o bollite?


Rane bollite
  non me ne vogliano
gli animalisti, ma sarebbero meglio fritte e "lavorate" in padella alla livornese!
Ogni tanto ci risiamo: devo richiamare alla memoria di tutti la metafora della rana bollita. 

Lo faccio per spiegare il meccanismo con cui gli autori creano la suspense nei romanzi thriller. Non è una metafora letteraria, viene da La quinta disciplina di Peter M. Senge, un guru della sistemica complessa. E' perfetta per comprendere i meccanismi perversi dei governi, tra cui il nostro.
Sia datta però benissomo anche alle trame thriller. Nel thriller il personaggio principale è lui la rana in pentola che si lascia bollire. Lo vediamo vivere soddisfatto e quieto una sua vita tranquilla, una sua rassicurante routine. Quando sopravviene il pericolo non si accorge che qualcosa è cambiato, né dell'incombente minaccia. Cosa che, invece, il lettore o lo spettatore sanno benissimo. Il focus è quindi sulla persona, vista come inconsapevole vittima potenziale.
Potrei citare molti esempi, mi limito a ricordarn solo alcuni, ma famosi.
Il film Il testimone, con Harrison Ford. Un bimbo capita nel posto sbagliato nel momento sbagliato: rischia di essere ucciso è un testimone scomodo.

Poi Thomas Babington "Babe" Levy, il personaggio de Il maratoneta. Il suo spensierato jogging viene bruscamente interrotto e la morte incombe. Quando se ne rende conto comincia a reagire, prima mentalmente poi fisicamente.

Ancor più memorabile, forse un archetipo ormai, è  la scena del campo di granturco in  Intrigo internazionale, di Hitchcock. Quell'aereo incombente che irrora DDt e poi mitraglia Gary Grant è diventato il punto di riferimento di tanti altri autori.
Sono esempi di "dannazione dovuta al caso".
C'è un altro modo per creare il personaggio della "rana bollita": una rana superficiale che, senza troppo riflettere, s'è cacciata da sola, magari per gretto calcolo, in una situazione densa di pericolo.

Eh sì, l'acqua è calda, la parete della pentola comincia a scottare e il bordo della pentola, mannaggia, è troppo alto per poter saltare fuori!
Come ha potuto cacciarsi in quel guaio? Ha fatto tutto da solo o è stato il caso cinico e baro.
A Vienna, grazie a Freud e Jung, avevano ben studiato la situazione!  


Plot famoso: una  borsa nera con il  malloppo di una rapina (Nightfall di David Goodis) viene dimenticata accanto a un uomo svenuto per un'aggressione: quando rinviene inizia l'incubo. da questo è stato tratto anche un film (in Italia Alibi nella neve)
L'abilità dell'autore, quando c'è un misterioso aggressore, è  nella scelta del tipo, del luogo e del tempo dell'inserimento del breakdown: praticamente il suono della sveglia! Successivamente nel palesare chi sia in carnefice. A volte nell'evidenziare capacità insospettabili, risorse nascoste, della vittima.
Quasi sempre con la rana "fai da te" non è cosi, non c'è risveglio e la punizione è tutta riservata all'incauto. Non fa niente per schizzare fuori della pentola, spesso, addirittura, quando l'attacco di panico è passato si dice, per rassicurarsi, "che non è poi così male"!
Gli attacchi di panico (detti anche crisi d'ansia) del protagonista sono generatori di suspense, ma sono anche censiti in psichiatria.  Si tratta di episodi di improvvisa ed intensa paura o di una rapida escalation, dovuta a percezioni anche minimali, dell’ansia normalmente presente. Sono accompagnati da sintomi somatici e cognitivi, quali palpitazioni, sudorazione improvvisa, tremore, sensazione di soffocamento, dolore al petto, nausea, vertigini, visione pessimista, paura di morire o di impazzire, brividi o vampate di calore.
La casistica medica degli attacchi di panico li classifica come un’esperienza terribile, spesso improvvisa e inaspettata, almeno la prima volta. lascia il segno. La paura di un nuovo attacco, sempre provata dal soggetto, diventa immediatamente forte e dominante: è contagiosa, si trasmette al lettore e genera suspense. "Hai capito te", che furbone è l'autore!

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