lunedì 18 luglio 2016

Turismo in noir (X-a)


Città italiane in noir

Un giro turistico tra le  città italiane
che hanno accolto storie gialle o noir
(X - a)


Palermo,  provincia di Vigata ...


Scesi dall'aereo, per trovare le radici storiche del giallo e del noir siciliani, invece di andare verso Capaci (omicidi troppo recenti!) ci portiamo sulle pendici di San Vito lo Capo, luogo ideale per osservare dall'alto la "provincia".  Palermo è importante per ordire, ma le trame poi, delitti compresi, si svolgono tra i monti. Osservando l'aspro panorama si capisce subito che il viaggio sarà lungo: ci vorranno due tappe.

Occorre partire da inizio secolo, proprio nel 1900, quando vede la luce per la prima volta Il marchese di Roccaverdina di Luigi Capuana, in appendice al quotidiano “L'Ora” di Palermo. In volume, il romanzo uscirà nella primavera dell'anno successivo, per i tipi di Treves, editori milanesi di palato fino.

Si tratta, secondo i siciliani (in parte hanno ragione, se non fosse per quel "noir") del primo noir siciliano. Pubblicato a Palermo, ma ambientato a Spaccaforno (oggi più noto come Ispica) un ombelico profondo della provincia ragusana. Narra di un omicidio perpetrato dal marchese del titolo ai danni di un suo sottoposto, dopo che questi aveva acconsentito a sposare la contadina Agrippina Solmo, per anni concubina del nobile.
Il romanzo di Capuana, quanto mai contiguo, per atmosfera, a Delitto e castigo o meglio a Il cappello del prete,  racconta, con stilemi da giallo (e qualche nota melò), non tanto l'uccisione del contadino, quanto la discesa agli inferi del marchese, la sua follia per il rimorso e soprattutto per aver fatto condannare un innocente, incriminato al suo posto. La Sicilia contadina e feudale fa da sfondo a una vicenda torbida, di gelosia accecante, di passioni estreme, di asfissianti sensi di colpa.

Il giorno della civetta è un romanzo sulla mafia (come sempre, per questo autore, frutto di ricerca giornalistica) scritto da Leonardo Sciascia nel 1960 e   pubblicato   nel 1961 dalla casa editrice Einaudi. Banalizzato a "giallo" dal cattivo marketing è in realtà un'analisi accurata, partecipata e meditata sull'organizzazione criminale mafiosa. Una ricerca abilmente romanzata.
Il racconto trae lo spunto dall'omicidio di Accursio Miraglia, un sindacalista del PCI, avvenuto a Sciacca nel gennaio del 1947  ad opera  di Cosa Nostra.
Sciascia aveva già iniziato a scrivere di mafia nel '57  recensendo il libro di Renato Candida, comandante dei carabinieri ad Agrigento, al quale si è ispirato per tratteggiare il personaggio del Capitano Bellodi, protagonista del romanzo.



A ciascuno il suo folgorante romanzo noir pubblicato, cinque anni dopo Il giorno della civetta, sempre da Einaudi, sveglia le coscienze e muove le penne: soprattutto quella titubante di Scerbanenco.  È il secondo romanzo giallo (questo è però molto splendidamente noir!) di Sciascia ed è ispirato all'assassinio del commissario di pubblica sicurezza di Agrigento Cataldo Tandoj.
Il titolo è la traduzione dal latino di unicuique suum, frase appiccicata con la coccoina (un ritaglio del giornale ufficiale del Vaticano) sul retro della lettera minatoria che compare nel racconto ed elemento rilevante per l'indagine.



La storia. In una calda estate siciliana del 1964, in un piccolo borgo dell'entroterra (tra Sciacca e Castelvetrano?), il farmacista del paese riceve una lettera anonima, in cui viene minacciato di morte. L'uomo, benvoluto da tutti i compaesani ed estraneo alla politica, aveva un'unica passione: la caccia. Incoraggiato anche dagli amici nell'ipotesi che si trattasse di una burla, non dà peso alla lettera e viene tragicamente ucciso durante una battuta di caccia insieme all'amico, il dottor Roscio. 

Gli inquirenti ipotizzano che il movente dell'assassino sia stata la sua presunta relazione con una assidua cliente della farmacia, ma questa pista si rivela sbagliata. Solo il professore palermitano Laurana, quasi ossessionato dall'omicidio segue la pista giusta, ponendo la sua attenzione sulla parola nel retro del foglio: unicuique, composta utilizzando i caratteri di un giornale, “L'Osservatore Romano”, che ricevono solo due persone in paese: il parroco di Sant'Anna e l'Arciprete... Anche al cinema fu un successo.






Molti anni dopo (1989), sempre ambientato nella provincia, un capolavoro assoluto analisi e di sintesi: Una storia semplice. Una ricerca, geniale, di stile:  un romanzo volutamente breve, un giallo,   ispirato a un fatto realmente avvenuto, il furto della Natività con i santi Lorenzo e Francesco d'Assisi del Caravaggio.
Provincia sorda e cieca, collusa e cinica, omertosa e bara. L'autore sembra volerci dire che in 25 anni, nella terra dei gattopardi, niente è cambiato.


Un giallo da far meritare a Sciascia un monumento nella sua Racalmuto; peccato che, con coerenza letteraria, il comune sia stato di recente "chiuso per mafia"!
 

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