Sospetti
l'ombra del bonsai
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Una tazzina di sale
I
Scostò lentamente l'uscio e la
vide. Tutta nuda, le enormi chiappe rivolte alla porta, cavalcava con foga animalesca il ragazzo. La
rete del letto cigolava, la cellulite sobbalzava, lei gemeva di piacere.
Quel mugolio lo rese nervoso,
ma entrando furtivo riuscì lo stesso a prendere bene la mira sul facile
bersaglio mobile. Con rabbiosa violenza le conficcò la roncola in testa.
Il nero scattò da sotto come
una molla, rovesciò la donna di lato e si rotolò a terra. Gli lanciò uno guardo
terreo, rotolò ancora, poi con un balzo felino si buttò dalla finestra aperta.
Lei crollata sul letto, consumò gli ultimi spasmi fino alla rigidità. Una
statua. Occhi sbarrati, ginocchia
piegate, gambe ancora divaricate e quella specie di cresta che le sovrastava i
capelli lordi di sangue.
L'odioso movimento s'era
fermato per sempre ma non si sentì
sollevato. La sbirciò appena: la roncola piantata in testa gli faceva più effetto del sangue. Andò in bagno a medicarsi
la mano. Quella mattina, potando gli ulivi, si era tagliato. Forse di
proposito, una scusa per rincasare e, se aveva fortuna, sorprendere i due.
Che lo tradiva lo sapeva da
tempo: il postino, l'idraulico, il prete. Tutta gente che non poteva accoppare,
né poteva accoppare lei con quelli davanti... o dietro.
Poi era arrivato il
ragazzo. Se n'era accorto da un mese.
Era sopra un olivo e aveva visto che lei gli si strusciava addosso come una
biscia. Due giorni dopo la certezza: s'erano accoppiati dietro il capanno delle
fascine. Gli ci voleva un’occasione, attesa
e preparata, per avere la spinta emotiva e anche un movente se si fosse messa
male.
Non era andata male. Dalla
finestra scorse il senegalese: era già lontano, correva come una lepre verso il
folto del bosco, a ovest. Non l’avrebbe più rivisto. “Si fermerà
solo a Siena” si disse.
Non l’avrebbe cercato, non gli
interessava e, in fondo, gli era anche
grato. Soprattutto per essersi gettato dalla finestra per correre verso
il nulla: un cadavere di meno. Doveva bruciare i vestiti e far sparire anche
lei, almeno per un po’.
Si fasciò la ferita; poi,
senza guardarla, recuperò la preziosa roncola e avvolse la salma nella coperta di picchè. Senza
distenderla la trascinò in garage e la ficcò nel freezer, quello grande della
carne: da due settimane non macellava i polli: per far spazio.
Con calma in una notte tranquilla, alla luce della luna, l’avrebbe gettata nel lago di Lupinari: nella barca di Sestino, il bracconiere, c'erano dei pesi di piombo e del filo di lega: ottimi per affondarla. Non c’era fretta: i pesci avrebbero fatto un bel pasto.
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(dati libro)
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