Una tranquilla provincia criminale
rassegna di alcuni delitti della "provincia liquida" italiana
(III)
Sarzana (III)
Tante
pistole in mano a un ragazzo. Nessuno in famiglia se n'era accorto? Nessuno dei
vicini ha sospettato di niente? Sparacchiava agli animali da cortile... tutti
zitti! La provincia liquida, come
sempre, cova i suoi delitti. Finché non si trova un'accetta di casa conficcata
in testa a un innocuo custode dell'Ufficio del Registro.
Passano i mesi. Il 28 dicembre 1939, a sera, William sottrae
(ma come sottrae? Ruba!) dalla giacca del padre, le chiavi delle casseforti
dell'Ufficio del Registro. Va in cantina, piglia l'accetta della legna. Se uno
va a rubare deve tenersi armato, non si sa mai con gli imprevisti! Entrato nel palazzo dell'Ufficio del Registro
il giovane sale, apre con le chiavi una cassaforte, intasca 13.000 lire ed esce
dalla stanza. In fondo alla scala incontra il custode Giuseppe Bernardini che
gli chiede: «Cosa fai qui?». Il ragazzo si sente perduto, brandisce la scure e colpisce
sei volte, alla testa, il pover'uomo. Fugge. Il cadavere, ritrovato la
mattina dopo, ha l'accetta ancora infissa nel cranio.
Il 4 gennaio 1940 Vizzardelli viene finalmente
arrestato. A incastrarlo, una macchia di
sangue sulla giacca da lui indossata la sera del delitto; un suo cacciavite
ritrovato sulla scena del crimine; e la scure, proveniente da casa del padre.
Chiuso nella morsa di indizi decisivi, dopo lunga
resistenza, finisce per confessare, con
indifferenza agghiacciante, tutti i suoi crimini: collegio della Missione,
strada di Falcinello e ufficio del Registro. È il più giovane pluriomicida e,
scampando alla fucilazione (nel ventennio la pena di morte, appena
reintrodotta, veniva eseguita dal plotone d'esecuzione) solo perché minorenne,
diventerà anche il più giovane ergastolano della storia italiana.
Riassumiamo... tutte cose che si sapevano in città e
dintorni. William Giorgio Vizzardelli è un personaggio inquietante. Nato nel 1922, sin dalla tenera età comincia
ad addestrarsi, per divertimento, all'uso delle armi da fuoco (e il padre stava
a guardare compiaciuto?). Ha presto una mira infallibile: uccide al primo colpo
gatti, anatre e galline.
A Sarzana per due volte, di notte, rompe una finestra
del ginnasio «Parentucelli», entra in aula e compie atti vandalici in segno di
ribellione: carte geografiche incendiate alle pareti, calamai scaraventati
contro le pareti stesse. Oltre che di armi è un patito di esercizi ginnici. Frequenta
con regolarità la palestra della GIL (Gioventù Italiana del Littorio): è un
bravo attrezzista. Personaggio taciturno e poco rassicurante, il «fanciullo dal
cuore perfido» si sente superiore alla media, ogni sua attività è rivolta ad
uno scopo preciso: imporsi su tutti. Ad un amico dice con risata sarcastica:
«Non son tipo da donne, ma da forca!».
Agli inquirenti William racconta di avere usato la
scure per ammazzare il Bernardini, essendo stato suggestionato dal particolare
che nei romanzi Delitto e castigo e I fratelli Karamazov, da lui letti,
venivano narrati delitti compiuti con una scure. Afferma di avere rubato il
denaro dall'Ufficio del Registro perché amante della vita avventurosa e perché,
avendo in progetto di imbarcarsi come mozzo nella Marina mercantile, riteneva
di aver bisogno di denaro data la misera paga iniziale.
Sprezza le pratiche della religione cattolica. per lui
sono sciocchezze: crede in una Potenza
Superiore indifferente delle sorti dei mortali. In casa
(Che famiglia attenta!) distilla l'alcool fabbricandosi liquori con cui si
sbronza e si dedica in cantina ad esperimenti chimici per fabbricare la
nitroglicerina: la fa esplodere per il solo gusto di farlo. Inoltre, che
simpatico discolo! devia la corrente elettrica ad alta tensione, che passa
all'altezza del tetto di casa sua, nella
soffitta: ottiene così l'arco voltaico, di cui si serve per apportare
innovazioni o riparazioni alle proprie armi.
Il carcere e il tragico epilogo.
Ritenutolo sano di mente, la Legge lo bolla
«delinquente per tendenza». Da Marassi è trasferito all'isola di Pianosa. Il giovane ergastolano fa ritorno a Marassi da
dove, una notte del gennaio '48, tenta di
evadere insieme ad altri: sorpreso, è rispedito a Pianosa. Nei restanti anni di
carcere, diventato mansueto e remissivo, prenderà la maturità con buoni voti,
studierà il francese e il russo e perfezionerà a tal punto l'inglese da leggere
Shakespeare in originale. I parenti delle vittime, però, continueranno a negargli
la grazia.
Ottenuta nel '68 la libertà condizionale per cinque
anni, va a vivere a casa di una sorella, a Carrara, mantenendo un comportamento
irreprensibile. È appena tornato definitivamente libero quando, nel 1973, a 51
anni, si lascia morire dissanguato in quell'abitazione, dopo essersi squarciato
le vene del braccio sinistro e la gola con un coltello da cucina.
(III - segue)
(III - segue)
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